MARY SLESSOR
Secondogenita di sette figli, Mary nacque a Gilcomston, un sobborgo di Aberdeen, in Scozia, il 2 Dicembre 1848.
Suo padre era calzolaio ma purtroppo beveva così tanto da rendere miserabile, sotto tutti gli aspetti, la vita dell’intera famiglia.
La madre di Mary invece era innamorata del Signore e il calore della sua fede fece desiderare ai suoi figli d’imitarla.
Nel 1859 la famiglia Slessor si trasferì a Dundee in cerca di lavoro.
Con la madre e tutti i figli divennero membri di una chiesa. Puntualmente ogni domenica mattina andavano all’incontro per godere un po’ di pace e sentire parlare dell’amore di Dio.
La settimana degli Slessor era fatta di duro lavoro. Anche Mary sebbene undicenne andava a lavorare per aiutare la famiglia.
Tutte le mattine, prima del sorgere del sole, si recava in fabbrica a filare il cotone e ritornava a casa quando era già buio.
L’unica cosa positiva in tutto questo era che la fabbrica provvedeva a dare un istruzione scolastica alla bambina.
Crescendo Mary aiutò nella scuola domenicale, dove udì parlare del missionario David Livingstone, un suo compatriota che era andato in Africa e che era ritenuto anche uno dei più grandi esploratori del continente nero.
La vita di questo missionario affascinò la giovane ragazza. A tal punto che seduta sul suo posto di lavoro si vedeva in Africa, circondata da tanti bambini, intenta a raccontare loro le storie della Bibbia… ma alla fine concludeva quei dolci pensieri, dicendo: “Questo non succederà mai, probabilmente non andrò mai oltre il confine di Dundee!”.
Quando Mary aveva 25 anni, vide morire suo padre. Così pure alcuni dei suoi fratelli e delle sue sorelle perché erano così poveri da non avere abbastanza denaro per pagare un dottore.
In quel triste periodo, il suo unico conforto era il desiderio di andare in Africa come missionaria.
Con la grazia di Dio, il suo desiderio divenne realtà nel 1876. All’età di 28 anni quando gli venne assegnato un posto come insegnante nel Calabar.
Dopo tre mesi di lungo viaggiò, approdò in Africa, dove venne a conoscenza di terribili usanze tribali.
Mary prese posizione e fronteggiò con coraggio queste crudeli abitudini dei popoli indigeni. Purtroppo molti di loro credevano negli spiriti maligni e ne erano terrorizzati, erano superstiziosi e davano ascolto esclusivamente al loro capo tribù.
Le donne africane non avevano la vita facile, praticamente erano schiave degli uomini e molto spesso erano esposte a cose terribili ma grazie alla determinazione di Mary e alla sua rabbia davanti al peccato fu risparmiata la vita a molte donne e a tanti bambini, vittime di terribili superstizioni.
In questo strano modo, la missionaria radunò una piccola famiglia intorno a sé e dopo tre anni di duro lavoro, riuscì a dimostrare alla gente di Calabar che nulla di male gli era capitato dopo aver accolto le donne e i bambini condannati alla morte.
Lentamente le antiche usanze cedettero e molto gradualmente la gente smise di praticare quelle sentenze di morte.
Col tempo Mary contrasse la malaria e dovette fare ritorno in Scozia per curarsi ma quando ebbe ripreso le forze, ritornò in Africa ma non volle più vivere con i missionari in case lontane dai villaggi.
Il suo desiderio era infatti di vivere in mezzo al popolo nativo e in mezzo a loro formò una scuola per insegnare a leggere e scrivere ai bambini.
Si prodigò ad annunciare il Vangelo. Pian piano la sua costante presenza fra la gente ebbe influenza sui capi delle tribù che seppero mostrare la via da seguire al popolo.
Così la gente di Calabar cominciò a confidare e a credere nel Signore Gesù! Ma i desideri di Mary non si appagavano.
Adesso voleva anche raggiungere le tribù dell’entroterra.
Così dopo dodici anni vissuti in quei luoghi, abbandonò la costa per penetrare nella giungla.
Tutti gli dicevano che andando lì presto sarebbe morta, la giungla era inesplorata, si poteva morire facilmente a causa degli elefanti, dei leoni, per le punture degli insetti per mano dei cannibali o semplicemente per l’assenza di un dottore.
Ma Mary era certa che Dio la chiamava lì dove nessuno voleva andare.
Formò un campo base ad Ekenge e continuò la sua missione, proprio come aveva fatto negli anni precedenti.
Passò momenti davvero difficili ma per ben 36 anni, Dio gli diede la forza di lavorare in mezzo alle tribù africane, cambiando abitudini e spezzando le superstizioni di intere tribù!
Morì nel 1915 all’età di 67 anni, in una minuscola capanna di fango, circondata dalla gente che aveva raggiunto col Vangelo di Cristo Gesù.